La mostra fa luce sulla formazione giovanile di Raffaello in relazione alla cultura di Urbino. Si smentisce il racconto di Vasari, secondo il quale Raffaello venne inviato dal padre Giovanni Santi, pittore non talentuoso, presso la bottega del Perugino (ma Vasari non è uno storico, procede per dimostrare le sue tesi senza raccontare necessariamente la verità). Mancavano le fonti per indagare il rapporto tra Giovanni Santi e la cultura urbinate, ma lunghe e accurate ricerche in archivio, di cui si dà conto nel catalogo, hanno consentito di raggiungere nuove ed inedite certezze: la formazione giovanile di Raffaello fu ad Urbino. Si dimostra come Giovanni Santi sia stato un pittore importante e la sua bottega un punto fermo per Urbino e il ducato; Santi era un umanista, un uomo di grande cultura, amico di Piero della Francesca, di Perugino (fu lui a definirlo “il divin pittore”), di Signorelli; alla corte di Urbino Santi conobbe altri pittori ed opere di altri artisti. I documenti di archivio provano che Raffaello viveva ad Urbino, era benestante e si era formato nella bottega del padre. Quindi un Raffaello ricco e libero, definito a 17 anni “magister” e “illustris”, pittore affermato, indipendente dal punto di vista economico. Gentile di carattere, bello e amato dalle donne, dotato di grande senso pratico, anche in amore: dichiarò di voler sposare una donna ricca. Si firmava fino alla morte, precocemente a 37 anni, sempre Raphael Urbinas, sancendo così un legame indissolubile con Urbino, rimasta ferma nelle architetture, nelle atmosfere e nei paesaggi al Cinquecento. Ciò rende la visita in occasione della mostra un evento irripetibile ed imperdibile. Urbino è una città incantata: onore a Lorenza Mochi Onori per non aver ceduto alle lusinghe di una più facile mostra “di facciata” e invece per avere curato una mostra di contenuti importantissimi, una mostra per studiosi ed esperti e, al tempo stesso, spettacolare per il pubblico, che deve accorrere in massa.
La prima sezione, nella Sala del Trono, è incentrata sulla figura di Giovanni Santi e sui legami con il figlio, di cui viene affrontata la formazione. Si delinea con chiarezza il ruolo di Giovanni nella cultura di Urbino dal 1470 in avanti: la sua bottega era un punto di raccolta dei talenti locali e la crescente agiatezza ed i legami con la corte lo misero a contatto con le personalità artistiche che da quella corte passavano, lasciando tracce importanti nel suo modo di fare pittura. I riscontri fra la maniera del giovane Raffaello e quella del padre sono per la prima volta visibili direttamente. E la cappella Tiranni a Cagli è il nodo che raccorda la pittura dei due (itinerario esterno, insieme alla Casa di Raffaello).
In principio un disegno di Mantegna, da Giovanni profondamente ammirato; poi le raffinatezze negli spolveri di Pietro Vannucci, altro artista stimato. La bravura di Giovanni è evidente soprattutto nelle Muse, ma anche negli Apostoli. Affiancate, la “Visitazione” e l'”Annunciazione” acquistano un diverso e ulteriore significato. La “Madonna in trono con Bambino” di collezione privata è pressochè identica a quella della Pala Oliva. La Sacra Conversazione mostra rimandi a Piero della Francesca (la Madonna di Senigallia). La pala di San Nicola (di Raffaello) da Città di Castello si confronta con la pala Buffi (di Giovanni): quelle corone sospese sono simili. Per la prima volta sono stati riuniti i frammenti della pala di San Nicola, sparsi a Brescia, Parigi e Napoli. Poi Signorelli e Van Eyck, per verificare il rapporto coi fiamminghi, matrice essenziale del primo Raffaello. La bottega di Giovanni Santi, con il suo collegamento di parentele e interessi con gli artisti dell'ambiente urbinate, è centrale nell'attività pittorica del ducato, anche dopo la sua morte. Pittori come Timoteo Viti e Gerolamo Genga collaborano qui con Evangelista da Piandimeleto, a cui si unirà il giovane Raffaello, undicenne alla morte del padre.
Il Cortegiano di Baldassar Castiglione, urbinate, amico di Raffaello, si svolge in gran parte nella Sala delle Veglie, all'interno dell'appartamento di Elisabetta Gonzaga, moglie di Guidobaldo da Montefeltro: qui i filosofi ragionavano con la duchessa in attesa dell'alba, ammirata sullo sfondo del monte Catria. I duchi sono raffigurati nei celebri ritratti degli Uffizi. Sono loro i committenti al giovane Raffaello di “San Michele e il drago” e “Allegoria (Sogno del cavaliere)”, tema sviluppato nel prologo della “Cronica” Giovanni Santi (che descrive Ercole al bivio, la scelta tra virtus e voluptas in sogno). La croce del Poldi Pezzoli è dipinta su entrambi i lati, evidentemente con scopi processionali. Alcune opere provengono da Città di Castello, che aveva profondi legami con Urbino, tra cui due parti di predella dalla pala di San Domenico a Città di Castello, conservata alla National Gallery di Londra; le predelle sono a Lisbona e a Releigh (North Carolina) e riunite per la prima volta: Raffaello padroneggia la grafica e l'accostamento con l'Assedio di Perugia consente inediti confronti, I disegni sono tutti strepitosi, emozionanti. Emblema di mitezza il San Sebastiano dell'Accademia Carrara. Altra occasione unica la piccola Santa Caterina della Galleria Nazionale, accompagnata dal disegno della Maddalena (in origine era un trittico, un altarino devozionale con al centro una Madonna). In questa seconda sezione c'è tutto Raffaello ed il suo rapporto con la città natale, le architetture del Palazzo Ducale, la cultura locale. Torna a Urbino Elisabetta Gonzaga, esposta di fronte alla finestra da cui Castiglione osservava il monte Catria; accanto a lei il marito Guidobaldo da Montefeltro, in nero come la vera eleganza dell'epoca esigeva. Elisabetta si lamentava con la cognata Isabella d'Este della vita ad Urbino, ma diede vita all'interno del Palazzo Ducale alla corte più raffinata dell'epoca, dove si educavano i rampolli dei principi italiani; è raffigurata con lo scorpione in fronte, forse con funzione apotropaica, un oggetto simile a quello esposto accanto al ritratto nella mostra “Il cammeo Gonzaga” (Mantova, 12 ottobre 2008 – 11 gennaio 2009), di cui resta il catalogo Skira. La Madonna Cowper proviene dalla National Gallery di Washington, sullo sfondo è raffigurata la chiesa di San Bernardino, mausoleo dei duchi di Urbino, che è ancora dove Raffaello l'ha raffigurato.
Nel 1504 Raffaello lascia Urbino per Firenze, accompagnato da una lettera di raccomandazione di Giovanna Feltria, figlia di Federico (è lei la Muta, una delle icone della Galleria Nazionale delle Marche): Giovanna sposa Giovanni della Rovere; il loro figlio Francesco Maria viene adottato nel 1504 dal di lei fratello, il duca Guidobaldo (che da Elisabetta Gonzaga non aveva avuto figli), il quale muore nel 1508 lasciando al nipote il ducato e dando inizio alla dinastia dei della Rovere, che dominerà Urbino fino al 1631. A Firenze Raffaello riflette sui temi leonardeschi e ne è esempio la “Sacra Famiglia con l'agnello” dal Prado, dall'insolita disposizione in diagonale delle figure.
Raffaello “mite e gentile”: una testa di giovane (disegno da Lille) si confronta con l'autoritratto degli Uffizi e con tre ritratti di giovani uomini ad olio provenienti da Budapest, Los Angeles e Windsor (la Regina Elisabetta aveva inizialmente negato il prestito, poi, saputo che sarebbero arrivati ad Urbino i due di Budapest e del Getty, ha acconsentito).
L'ultima sezione è sull'eredità di Raffaello. Il Maestro fu un grande imprenditore che diffuse le immagini da lui realizzate in tutta Italia tramite le incisioni, sia a pittori che maiolicari. La sezione è esposta in una sala resa preziosa dal soffitto della seconda metà del Cinquecento realizzato da Federico Brandani, coevo alle maioliche esposte. Emozioni irripetibili. L'“Uccisione di Achille” di collezione privata è un unicum, in quanto il tondino è stato dipinto mutuando la figura nuda di Paride, di straordinaria modernità per i dettagli muscolari ed anatomici, da un disegno autografo di Raffaello conservato all'Ashmolean di Oxford (prestito reso impossibile dalla chiusura del museo).
I curatori della sezione hanno fatto una vera e propria caccia al tesoro, ma il risultato è strabiliante: sono accostate le maioliche con le incisioni da cui il disegno è tratto.
Il catalogo contiene ottimi saggi e schede esaurienti delle opere in mostra, ma è strutturato prima gli olii, poi i disegni, infine la ceramica, rendendo immediato il confronto solo nell'ultima parte. Giovanni Santi viene studiato come letterato e uomo di cultura; Raffaello è affrontato con tutte le novità emerse dagli archivi.
Federico da Montefeltro, con le ricchezze ottenute come uomo d'arme al servizio del papa e di principi italiani, realizza un ambizioso progetto culturale, trasformando Urbino e dando un'impronta al Rinascimento italiano, appoggiato da colti personaggi locali, fra cui Bartolomeo Corradini (Fra Carnevale, a cui la Pinacoteca di Brera ed il Metropolitan di New York hanno dedicato una mostra fondamentale) e i numerosi artisti che chiama alla sua corte, con i quali trasforma definitivamente il contesto culturale e urbano di Urbino. Immutato sino ad oggi. Il Rinascimento italiano.
Urbino, Palazzo Ducale, fino al 12 luglio 2009, aperta lunedì dalle 8,30 alle 14, da martedì a domenica dalle 8,30 alle 19,15 (13 aprile e 1° giugno dalle 8,30 alle 19,15), ingresso euro 9,00 (biglietto integrato mostra e Galleria Nazionale delle Marche euro 10,00), catalogo Electa, infoline 199.757515 – 02.43353522, sito internet www.raffaelloeurbino.it
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